Luna di miele a Venezia
LUNA DI MIELE A VENEZIA
L’esperienza di una romantica coppia di ragazzi americani, raccontati da me nel primo servizio fotografico a Venezia
CAPITOLO 1
Ho iniziato a lavorare come fotografo di matrimonio a Venezia per puro caso.
Anzi, potrei dire: ho iniziato come fotografo di luna di miele a Venezia.
Era il 2013 e Lindsay mi contattò dalla California, lessi la sua email dal mio ipad, steso sul letto.
Subito non le diedi molta importanza, non avendo un sito in lingua inglese, non ero abituato a ricevere delle mail da stranieri. Superficialmente pensavo fosse spam.
Poco dopo invece intuii la reale intenzione di quella mail, in cui mi si chiedeva la disponibilità per un servizio di coppia.
Svegliai di soprassalto mia moglie, che già dormiva, e incredulo le tradussi per sommi capi il testo.
Non capivo tutto, ripeto, non ero abituato.
Però avevo ben chiaro ciò che questa coppia mi chiedeva: un servizio di qualche ora vestiti da sposi a Venezia, a ricordo della loro romantica luna di miele.
Difatti i due ragazzi si erano già sposati a San Francisco qualche mese prima e quella sarebbe stata la loro -Honeymoon- a Venezia.
Già me li immaginavo stereotipati alla Baywatch: la mia cultura sulla California fa ridere, lo riconosco. Nella mia mente erano fisicamente molto prestanti, mascellone lui, praticamente in bikini lei. Sorry, era sera tardi e forse avevo mangiato pesante.
Terminate le fantasie, il sonno se n’ era andato completamente.
Rimasi elettrizzato e sveglio a lungo durante la nottata, il pensiero ritornava sempre lì, a quella mail.
CAPITOLO 2
L’indomani mattina presi in mano la situazione per fornire una risposta esaustiva.
Per far fronte al mio debole inglese, resuscitai anche il dizionario delle superiori, oltre ovviamente ai vari servizi online.
Cercai di essere il giusto amichevole e seguendo questa linea, confidai loro il mio “simpatico” modo di parlare in lingua americana.
Analizzando una cartina di Venezia trovata online, preparai un percorso da fare a piedi che non fosse troppo lungo e che offrisse diversi spunti, lontani dai soliti clichè cittadini. Ahimè nel 2013 Google non aveva ancora mappato la città, quindi la ricerca mi impegnò non poco.
Calcolai a spanne le tempistiche per raggiungere i vari punti salienti, per riuscire a scattare in poche ore sia a Rialto, che a San Marco, partendo dalla stazione dei treni e inserendoci un giro in gondola, più un aperitivo in qualche bacaro.
Essendo la prima volta ero un po’ teso, avevo paura di sbagliare qualche calcolo sulle tempistiche, di creare un “tour” poco appassionante e scontato, di non soddisfare a pieno le loro aspettative. Inoltre temevo di far brutta figura non conoscendo a fondo la città.
Ci impiegai quasi tutto il giorno nel formulare la risposta. Lessi e ri-lessi la mail tante di quelle volte che l’imparai quasi a memoria.
Era perfetta, o almeno all’epoca pensavo lo fosse, e la inviai. Sentii quasi il sibilo del vento che portava questa sudatissima mail da Rovigo a San Francisco.
Il susseguirsi di messaggi mi fece capire che avevo viaggiato mentalmente in mondi lontanissimi.
Le mie erano idee preconfezionate del tutto lontane da una realtà che, si rivelò poi, ancora più entusiasmante.
La coppia era di origini asiatiche, erano due ragazzi nati ad Hong Kong, trasferitisi poi in America per studio.
Questo aspetto concentrò l’attenzione su un punto: non solo ero stato contattato dalla prima coppia Americana, ma era contemporaneamente la prima coppia asiatica, e tutto questo accadeva nel mio primo servizio fotografico a Venezia! BUUM!!!
Il carico di agitazione aumentava sempre più.
CAPITOLO 3
Il giorno del nostro incontro si avvicinava.
Henry e Lindsay si dimostravano sempre molto carini e attenti durante lo scambio di mail, non vedevano l’ora di arrivare a Venezia per respirare tutto il romanticismo che questa città si porta dietro da secoli.
Nel dubbio di non riuscire a riconoscerli in mezzo alla folla, chiesi loro almeno di farmi capire come sarebbero stati vestiti.
A questo punto si aprì un mondo, o meglio uno dei miei ormai famosi viaggi mentali.
Lindsay inizialmente rispose in modo molto simpatico di non preoccuparmi.
“Difficile che in quel preciso momento ci possano essere molte ragazze vestite da sposa” mi scrisse. Aveva ragione, già così poteva bastare.
Ma aggiunse un particolare che, appunto, come dicevo poco fa, contribuì a crearmi un’aspettativa del tutto fantasiosa del suo vestito. Mi scrisse che l’abito era composto in buona parte da piume. Questo fu sufficiente per innescare in me una rappresentazione di lei in pieno stile Carnevale di Rio.
Inutile dire che ero totalmente fuori strada, ma questo lo capii solo dopo averla vista per la prima volta il giorno del nostro incontro.
CAPITOLO 4
Dopo qualche mese ci incontrammo, e solo lì capii che alle volte dovrei far galoppare meno la fantasia.
Erano bellissimi, e già dal primo impatto si intuì la loro gentilezza, sobrietà ed il loro buon gusto.
Lindsay vestiva un abito bianco coperto di piume, le stava benissimo e incantava tutti i turisti che incrociavamo. Anche Henry era molto elegante, sia nell’abbigliamento, sia nel portamento e nel modo di fare.
Le 4 ore di servizio trascorsero velocissimamente, scattai in giro per la città alla ricerca di un risultato che mi entusiasmasse.
E così, notando che di tanto in tanto l’abito di Lindsay lasciava una piuma a terra, decisi di dedicare qualche minuto del nostro servizio fotografico a questi candidi e leggeri dettagli.
Non feci in tempo a chiarire le mie intenzioni alla coppia, che Henry, capendo al volo cosa desideravo, raccolse una di quelle piume e lanciandola in aria, provò a farla volare.
Il risultato fu qualcosa che mi elettrizzò molto, sin dall’inizio.
I primi tentativi fallirono miseramente, dovevo prendere confidenza con la leggerezza e l’imprevedibilità che ne caratterizzavano il volo.
Nel frattempo, mentre ero così concentrato da quelle piume, non mi resi conto che dietro a me un folto gruppo di turisti (probabilmente americani) aveva capito il nostro intento e tifava per la buona riuscita della foto. Ad ogni tentativo, li sentivo borbottare con sonori: “OHHH NOOO”, “YYESSSS”, “PERFECT” e così via.
All’improvviso un lancio di Henry, particolarmente fortunato, fece percorrere alla piuma un movimento in diagonale che risultò identico a ciò che avevo immaginato poco prima. Esultai esclamando -WONDERFULLLL!!! We Got it!!!- e solo in quel momento mi resi conto che ero supportato da molte più persone di quanto mi aspettavo di trovare attorno a me.
Sembrava di stare ad uno di quei Workshop di fotografia dove il fotografo principale scatta, e tutti i partecipanti scimmiottano i suoi movimenti, sgomitando per usufruire del suo identico punto di vista.
Mi ricordo uno di loro in particolare.
Si avvicinò, mi strinse l’occhiolino. Mi guardava dritto negli occhi col sorriso di chi è orgoglioso del proprio operato. Stando con la mano in avanti e il pollice in sù, sempre con aria soddisfatta, mi disse:”Great idea, thank you”. Si girò verso i suoi compagni di viaggio, e consultando il monitor della fotocamera, indicava col dito, ostentando la buona riuscita delle sue foto.
Solo in quel momento realizzai che mi ringraziava anche per non averlo intralciato durante la sua sessione fotografica, come se il fotografo della coppia di punto in bianco fosse diventato lui. Sconcertato ringraziai anch’io, ma ero troppo euforico per capire davvero il suo atteggiamento.
CAPITOLO 5
E siamo giunti alla conclusione di questo racconto.
Dopo le foto di rito in Piazza San Marco, e un romanticissimo giro in gondola, con Lindsay e Henry fu il momento di salutarci. Conoscevo ormai bene la loro gentilezza, e grazie a questo mi rendevo conto di quanto fossero sinceri nel ringraziarmi.
Apprezzai tantissimo tutta questa bontà d’animo, la loro positività e cordialità erano contagiose.
E anche se a me rimaneva l’incognita del risultato finale, per loro invece era già una certezza.
Al ritorno in macchina ripensai a tutto: dal primo approccio via mail, ai nostri ultimi saluti, fatti di sorrisi e abbracci sinceri.
Pensavo a quanto fossero meravigliosi questi aspetti del mio lavoro, sapere che per qualche ora ero stato importante per due persone che vivono a migliaia di chilometri da me, che non rivedrò mai più, ma sono sicuro che entrambi ci ricorderemo con affetto l’uno degli altri.
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