Salam Aleikum un saluto carico di significato

 

Cordoba: un incontro particolare

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Questo articolo esula completamente da quella che è la mia professione di fotografo di matrimonio. È invece molto più legato all’altra mia grande passione, quella per i viaggi.

Parla di un incontro particolare, avvenuto in Andalusia.
Buon proseguimento.

Eravamo a Cordoba, io e mia moglie, alla ricerca di una teteria. Ne trovammo una aperta, da cui stavano uscendo alcune persone evidentemente islamiche. Un ambiente di matrice musulmana, aperto a tutti ma chiaramente frequentato in modo assiduo da islamici.
Era un po’ tardi, tant’è che pensavamo stessero chiudendo. Nel locale erano rimasti tre avventori più il gestore. Prima di entrare sbirciammo dalla finestra, a dire il vero facemmo diversi passaggi avanti e indietro per capire se la sala da Tè ci convinceva.
Eravamo un po’ incuriositi dagli unici tre clienti rimasti.
Ci impensieriva il fatto che parlavano continuamente, senza mai un sorriso e senza utilizzare un tono alto o acceso.
Sembrava stessero confabulando, architettando qualcosa di losco. Io, che in certe occasioni mi ritengo un vero “cretinetto”, da subito lanciai la battuta:” Chissà quale atto terroristico stanno organizzando”.

Dalle finestre li guardavamo senza dare nell’occhio, loro ci apparivano un po’ trasandati, disordinati: barba lunga, un copricapo ciascuno, gli abiti tipici, ora non ricordo più bene ma forse erano quelle tuniche che abitualmente indossano i maschi arabi. Uno di loro sedeva sul divanetto e appoggiava i piedi su di una seggiola, per educazione si era tolto le scarpe. Io ed Elisa decidemmo di entrare ugualmente, spinti da una certa curiosità.

Ci impossessammo anche noi del nostro angolino, opposto al loro, ordinando Tè alla menta, in ricordo dei piacevoli momenti trascorsi in Marocco qualche anno prima. Poco dopo il gestore ci servì.
Tra un sorso di Tè e una chiacchera, iniziai a snocciolare scherzosamente e sottovoce ad Elisa, tutti quei clichè che potete ben immaginare:
– Saranno Talebani, confabulano tra di loro, è chiaro che stanno programmando il prossimo attentato-
– Chissà dove nascondono le mappe e le cartine, le bombe! –
– Guarda come appoggia i piedi sulla sedia-
– Si tocca il naso, è un segnale, SCAPPIAMO!-

Insomma, mi stavo divertendo a ricreare un grezzissimo siparietto, in cui l’attore principale è un becero personaggio veneto alle prese con il “diverso”, anzi con il “foresto” si direbbe. Sono quelle frasi che si sentono nei bar di paese, pronunciate da personaggi “bonariamente” un poco razzisti e intolleranti, dediti alla chiacchera e al vino, che non escono troppo di casa per paura dei ladri (zingari, rumeni e un tempo albanesi), mai un viaggio mai una vacanza. Tendenzialmente questo soggetto non ama conoscere, o meglio si aggrappa alle sue certezze e verità le quali gli trasmettono tanta sicurezza e stabilità.

Dopo una decina di minuti, il tipo scalzo si alza e si rimette le scarpe. Io, nel mentre, continuo nel mio intento caricaturale… ormai ci avevo preso gusto.
Anche gli altri si sistemano alla meno peggio e si dirigono verso l’uscita, che era proprio accanto a noi.
Nel breve tragitto uno di loro mi guarda, io gli sorrido con fare amichevole, lui si rivolge a me chiedendomi in inglese quale fosse la mia provenienza.
Gli rispondo:” From Italy!”
E lui mi fa capire che ama molto l’Italia, che c’è stato per lavoro assieme agli altri suoi due compagni.
Perciò gli chiesi qual era il suo lavoro e mi rispose che erano tutti e tre ingegneri.
Rivolgendo il pensiero al mio alter ego “veneto inside” dissi tra me e me: ” Ecco, visto? tu che credevi vendessero tappeti”.
Chiesi inoltre la loro provenienza: Egitto.

Il più giovane dei tre, quello che approciò a questo breve dialogo, come piccolo gesto d’amicizia mi porse due cioccolatini incartati che teneva in mano.
Li accettai e feci cenno che non sarei riuscito in quel momento a contraccambiare con nulla. Lui mi disse che non c’era problema e si congedò con il classico saluto arabo Salam aleikum.
In risposta farfugliai un aleikum salam, sapendo che con ogni probabilità stavo sbagliando pronuncia o proprio le parole, ma mi uscì spontaneo, volevo essergli riconoscente.
-Do you speak arabic?- mi chiese sorridendo. Ovviamente “No” risposi, ma con il solito mio modo di fare confidenziale sfoggiai addirittura un bel – Shukran bezzef –  (molte grazie), anche quello tra le poche cose imparate in Marocco.
Il ragazzo, piacevolmente sorpreso, mi rispose nuovamente “Salam aleikum” e, soffermandosi sul significato, mi disse (in inglese):” Non è solo un addio o un arrivederci, non è banalmente un saluto. Significa proprio – che la pace sia con voi – è molto di più di un saluto e io lo dedico a te e a tua moglie: che la pace sia con voi!”.
Era sincero, veramente interessato a noi, fu disarmante.
A quel punto se ne andarono.

Nel giro di qualche secondo vidi il tutto con occhi diversi.
Mentre stavano uscendo, la sensazione che provavo era di gran lunga migliorata.
Quelle che mi sembravano semplici persone musulmane, come se ne vedono tante, forse dai rudi costumi, uscirono ai miei occhi come delle grandi persone… e ingegneri per di più!

Provai una sensazione strana,  pensavo che, a  differenza di tutti gli Occidentali incontrati durante il nostro viaggio (migliaia di persone?), loro avevano avuto questo gesto di gratuita gentilezza, di apertura e di grande rispetto nei nostri confronti.
Cercare il nostro contatto, scambiare due parole, il gesto del dono, dedicarci qualche minuto per conoscerci meglio, salutarci augurandoci di stare in pace.
PACE, capite, questa era la parola che voleva sottolineare, PACE.
Io sono sicuro che loro, come la maggior parte del popolo musulmano, condannerebbero come stiamo facendo noi, quei delinquenti che ieri hanno massacrato 12 persone a Parigi.

Capisco che lo spessore di quello che vi ho raccontato sia davvero misero a confronto di tante esperienze più importanti che saranno capitate a molti di noi, ma com’è mia abitudine traggo ispirazione dalle cose semplici.

P.S. i due cioccolatini non li abbiamo mangiati e nemmeno buttati, sono ancora qui con noi a ricordarci di questo bel gesto!

CHI SONO:

Mi chiamo Andrea Fusaro, amo viaggiare e sono un fotografo di matrimonio. Capisco, potrebbe non interessarti poi molto della mia attività professionale, ma credo fortemente nel “da cosa nasce cosa”. Se hai trovato interessante questo articolo, condividi pure, grazie!!!